“Adolescenti misteriosi” a Cornici, conversazioni d’autore, 5 dicembre 2024, online

 

 

Presentazione di “Adolescenti misteriosi ” nell’ambito di CORNICI.Conversazioni d’autore,  a cura di Paolo Sidoti per  da Serendipity Eventi (https://eventiserendipity.it).

La partecipazione è gratuita previa iscrizione al seguente link:

https://us06web.zoom.us/meeting/register/tZAoc-mrqDksGdfZiG4493bYrVD654tTsKTv

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Intervista: «Scontro fra generazioni.”La città può educare”»

La Provincia di Cremona, 1 dicembre 2024

CREMONA – ‘La città si cura in una comunità educante’: non è solo un titolo, ma è una prospettiva d’azione che entra nel cuore dei più recenti fatti di cronaca, non da ultimo l’aggressione del 14enne davanti a scuola in via Palestro.

Emergenza educativa, ragazzi che non si sentono stranieri nel luogo in cui abitano, gli aspetti sono molteplici e di questo si parlerà domani dalle 9,30 alle 13 in saletta Mercanticon il professor Gustavo Pietropolli Charmet, uno dei più importanti psicoterapeuti italiani, esperto dell’età dello sviluppo e dell’adolescenza, fra i massimi esperti di problematiche adolescenziali. L’iniziativa è organizzata dal Pd e vuole offrire un contributo al dibattito sulla sicurezza pubblica, messa in crisi da azioni delinquenziali sempre più spesso compiute da giovanissimi. Da qui la connessione fra sicurezza e cura.

Roberto Galletti, segretario cittadino del Pd, introdurrà la mattinata che vedrà confrontarsi con Pietropolli Charmet Matteo Mauri, deputato del Pd, Matteo Piloni, consigliere regionale del Pd, Andrea Virgilio, sindaco di Cremona, don Francesco Fontana, presidente della Focr, don Giuliano Stenico, presidente della Fondazione Ceis, Alessandra Lupi, psicologa del Minotauro, Roberto Poli, direttore del Serd e Andrea Moretti, dirigente del settore politiche educative del comune di Carpi. Si è chiesto a Pietropolli Charmet come sia sanabile quello che appare uno scontro fra vecchi e giovani, uno scontro fra generazioni, fra mondo: quello adulto che ha fagocitato tutto e quello dei ragazzi che si sente defraudato dal futuro.

 

Come l’attenzione ai giovani e al loro disagio può contribuire a migliorare il vivere comune?
«Avere in famiglia, a scuola e per le strade della nostra città, un gruppo di figli e studenti giovani che siano contenti della città dove abitano, siano sereni collaboratori della vita domestica sarebbe un miglioramento della qualità della vita della comunità sociale nel suo insieme: quindi se identifichiamo i giovani come fascia debole, esposta al malumore, alla rabbia, al desiderio di vendetta e quindi a gesti a volte antisociali, inconsulti, che seminano, disagio un malumore profondo nella società complessiva abbiamo risolto uno dei problemi del nostro vivere sociale».

 

I ragazzi immigrati di seconda generazione spesso si sentono estranei al mondo, come costruire un senso di appartenenza per questi ragazzi?
«L’impresa è difficile e vedo che né in Francia, né in Inghilterra, né in Germania ci sono riusciti e sono alle prese con gruppi piuttosto combattivi e vendicativi perché i giovani di seconda generazione hanno un debito d’onore con il loro padre che è arrivato prima ed è stato umiliato, mortificato, ha dovuto sacrificarsi per riuscire a inserirsi e a inserire la sua famiglia. Hanno quindi dei motivi familiari intrinseci, in più sono combattuti tra le divinità, le bandiere, le religioni, l’etica della terra da cui proviene la loro famiglia e le aspettative della vita sociale. Il loro malumore è particolarmente comprensibile, a differenza di altri gruppi di giovani che sono più fortunati e hanno meno motivi di protesta ed invece si fanno vivi in modo violento e oltraggioso. È una questione complicata, però non si può dire che non ci si sta lavorando e a me sembra che si stia facendo il possibile: i risultati non sono soddisfacenti, ma questo è quello che è successo anche in tutte le altre nazioni dove il problema è lo stesso e mi sembra che da quello che si può leggere sui giornali, la protesta nelle altre nazioni sia espressa in modo ancora più preoccupante di quanto non succeda qui in Italia».

 

Le crisi di ansia, di rabbia sembrano caratterizzare questa generazione di giovani, perché?
«Queste osservazioni emotive mi lasciano sempre perplesso perché sono calcoli molto difficili, non vorrei che siano desunti sulla base di fatti di cronaca più che da analisi statistiche, cioè da episodi isolati che hanno una loro spiegazione nella irripetibile storicità della famiglia, del gruppo umano cui appartengono. Che i giovani siano travagliati da dolorisofferenzeansieangosciadepressioni è vero: statisticamente non c’è dubbio che ci sia una frangia di ragazzi che ricorre anche e volontariamente in modo molto esplicito ai servizi psicosociali, agli sportelli di consulenza scolastica. Quindi è chiaro che c’è una maggiore consapevolezza da parte dei ragazzi di come funziona la loro mente e di come potrebbe funzionare molto meglio se riuscissero a capire cosa c’è che non va, cosa c’è che li disturba. Sulle dimensioni del fenomeno e sul ritenere che questi fenomeni di disagio psichico caratterizzano questa generazione io sarei parecchio prudente».

 

I ragazzi ci acusano di aver rubato loro il futuro, come aiutarli?
«Bisogna assolutamente che riusciamo a instaurare delle forme di cooperazionecollaborazione e coprogettazione con i giovani, in modo che sentano che il problema del futuro riguarda loro, ma in realtà riguarda tutti, riguarda anche la generazione dei loro padri e delle loro madri e c’è molto da fare. Però dipende da variabili talmente grosse e importanti che è molto difficile conservare la speranza di riuscire ad influenzare i potenti della terra che hanno in mente una qualità di sviluppo che non è quella auspicata dai giovani, e neanche dalla maggior parte degli adulti, almeno del nostro Stato e della nostra popolazione. Penso che ci siano delle speranze di riuscita e che si possa pensare che questo pessimismo rispetto a ciò che riserva il futuro, non solo ai giovani ma a tutti quanti noi, possa essere sfatato da una considerazione più pacata di come funzionano le cose oggi – che non funzionano bene ma neanche così male. C’è la possibilità di trovare degli spazi di vita abbastanza sereni e sulla base di questo si può fondare una fondata speranza che il futuro possa essere figlio di questi angoli di serenità costruttiva e collaborativa che siamo riusciti a costruire».

 

Come ha visto mutare i bisogni dell’educazione?
«Il mondo educativo è entrato in crisi da quando è entrato in crisi il principio di autorità. Era relativamente facile illudersi che l’apparente pace sociale che si respirava nelle scuole, nelle strade fosse profondamente radicata nel cuore e nella mente dei ragazzi e dei cittadini. Non era così: il vento della protesta che ora soffia qua e là piuttosto impetuoso svela che in realtà il cambiamento del modello educativo che fondamentalmente è centrato sulla crisi del patriarcato e quindi sulla ricerca disperata di una nuova autorevolezza che sia credibile, fondata e quindi riconoscibile come valida e legittima».

 

Un’altra domanda che si collega a questa: perché la scuola ha fallito?
«È difficile dire perché la scuola, fra tutte le istituzioni, le aziende, le organizzazioni, sia riuscita a rimanere immobile in mezzo a un cambiamento anche radicale di tutto il resto della società che la circonda. La scuola attuale non la trovo dissimile da quella che ho frequentato io ben 80 anni fa, è la stessa scuola, si parla delle stesse cose, ci sono gli stessi problemi: significa che non è cambiato nulla. Ma un’area così significativa come l’area educativa che rimane immobile in mezzo a un vorticoso cambiamento di valori, di qualità di relazioni, di distribuzione del potere, di prospettive progettuali, non possiamo più considerarla come una istituzione educativa: è un servizio che offriamo alla famiglia perché in qualche posto devono essere sistemati i ragazzi mentre i genitori lavorano».

 

Che ruolo possono avere la politica e i partiti?
«Penso che la crisi dei partiti sia reale e profonda, lo stesso sistema democratico ha bisogno di una trasformazione, di un cambiamento. A me sembra che dove c’è più passione e dove si vedono meglio i risultati è nell’area dei movimenti che spontaneamente si formano in quartieri, nelle associazioni che si propongono uno scopo e lo raggiungono più facilmente di quanto non riesca a farlo un partito. Quindi credo che stiamo attraversando, senza dirlo esplicitamente, un periodo di crisi dell’intero sistema democratico che deve essere rivisto. Di questa crisi sono sintomi la scarsissima affluenza alle elezioni, la scarsa passione politica e la difficoltà a trasmettere valori e narrazioni convincenti alle nuove generazioni: credo e spero che un cambiamento sia prossimo venturo».

L’intervista è disponibile anche sul sito de La Provincia- Cremona a questo link

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«Addio al padre padrone ma attenzione ai valori»

La Provincia di Cremona, 1 dicembre 2024

 

 

In collegamento Gustavo Pietropolli Charmet, uno dei più importanti psicoterapeuti italiani, esperto dell’età dello sviluppo e dell’adolescenza, fra i massimi esperti di problematiche adolescenziali.

«La crisi educativa è frutto della fine del padre autoritario — sintetizza il professore — il che è stato un bene. Ma si sono aperte crepe nel mondo dei valori e degli ideali, sparite le regole che consentivano la contrattazione. Povertà educativa e povertà economica si alimentano reciprocamente. I comportamenti violenti vogliono compensare quei bisogni indotti dai quali si viene esclusi». Nel 1985 Charmet ha fondato l’Istituto Minotauro dove Alessandra Lupi è consulente al consultorio gratuito. «Vediamo un centinaio di nuclei famigliari l’anno — spiega — per metà italiani. Incapaci di esprimere a parole le loro problematiche i ragazzi usano il corpo per mostrare il dolore: dall’autolesionismo al tentativo di suicidio. Non si sentono di appartenere, disprezzano e non curano il luogo in cui abitano». Cosa possono fare le famiglie nel loro piccolo? «Ascoltare, non giudicare, accogliere — aggiunge Roberto Poli—. La società dell’apparenza purtroppo amplifica le difficoltà. E nuovi ostacoli si frappongono fra ragazzi e famiglie. L’ansia aumenta. Un circolo vizioso dagli esiti dirompenti».

l’articolo in versione completa è disponibile a questo link

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Intervista:«Ecco come capire i nostri ragazzi»

Intervista a cura di Silvia Tironi pubblicata su Diva e donna, novembre 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono più di cinque milioni, in Italia, i giovani tra gli 11 e i 19 anni. Lo dicono i dati Istat. E diversi tra loro sono alle prese con il grave problema della salute mentale. II nostro Paese sta, dunque, affrontando una vera e propria emergenza silenziosa. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la depressione e altri disturbi psichici saranno le patologie più diffuse al mondo già prima del 2030. I giovani e giovanissimi soffrono, sono in balia di travagli e misteri, frutto anche di un ambiente sociale pericoloso e disfatto in cui vivono e crescono.

«I giovani sono soggetti sociali, espressioni della scuola, delle amicizie, di Internet, del desiderio che avanza in un corpo nuovo e di mille altre istanze che bussano prepotentemente alla porta di casa per prenderli e portarli fuori, insieme ai coetanei, all’esplorazione del mondo. L’adolescente respira l’aria della società alla quale si affaccia e ne viene influenzato giorno per giorno», scrive lo psichiatra e psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet nel suo ultimo libro Adolescenti misteriosi, Mimesis Edizioni, € 18), in cui cerca di rintracciare quegli aspetti che impediscono una crescita autentica e serena dell’adolescente. Ritiro scolastico e sociale, anoressia, depressione, abuso di sostanze, narcisismo: sono alcuni dei profondi disagi vissuti dalle giovani generazioni.

II mistero dell’adolescenza.«Mi sembra che i ragazzi non la contino giusta e, soprattutto, raccontino solo una parte, quella che si può dire, mentre tutto il resto rimane misterioso, perché se lo tengono per loro», evidenzia lo psichiatra. Ma in cosa consiste questo mistero? «Ci sono diverse teorie: una sostiene che nascondano l’amore, la loro vita sentimentale. Ma in fin dei conti l’amore ha sempre avuto la caratteristica di essere guardingo, celato. Un’altra dice che il segreto è rappresentato da violenza, odio, rabbia, desiderio di vendetta. Ma tenere per sé la rabbia è poi fonte di aumento dell’intensità della reazione rabbiosa», spiega Pietropolli Charmet. Secondo l’esperto è naturale che le nuove generazioni, prima di fidarsi, abbiano bisogno di verificare bene se la loro confidenza sia ben riposta. Uno dei loro grandi timori sta proprio nel vedere tradita la loro fiducia. «Quando si legano in un rapporto di amicizia, la prima cosa che chiedono e la fedeltà, la lealtà, la segretezza delle confidenze fatte. II mistero del segreto è una caratteristica che compare in adolescenza», sottolinea l’esperto, che prosegue «Nell’infanzia avere segreti è pesante, per cui i bambini, bisognosi di trasparenza e di essere conosciuti, inseguono di continuo mamma e papà per raccontargli tutto; nell’adolescenza, invece, avere dei segreti, avere per certi versi una doppia vita, è quasi un obbligo, un vanto. Strappare alla visibilità un pezzo di vita, tenerlo per sé, non parlarne, è come un segno di crescita». Una crescita che, tuttavia, è accompagnata da una profonda delusione: «E’ come se, con il passaggio dall’infanzia, dall’innocenza, dal confidarsi con la mamma alla segretezza dell’adolescenza i ragazzi si aspettassero qualcosa che invece non c’è, che non è arrivato».

Il bisogno di tenerezza. L’impressione di Pietropolli Charmet è che a volte questi segreti, questi misteri vengano necessariamente collegati a qualcosa di pericoloso, come le droghe, le “brutte compagnie”, cosa che spinge gli adulti a tenere i ragazzi sotto controllo prima che si caccino in qualche pasticcio. Invece gli adulti dovrebbero non trascurare un’altra possibile interpretazione di questi misteri: «Spesso c’è semplicemente una ritrosia nel confessare il bisogno di tenerezza, di vicinanza, di amicizia, come se dovessero difendersi dall’eventualità di essere superati, violati, scoperti, di non riuscire a custodire questa cosa preziosa che non è cattiva, ma tenera e buona. In questo periodo per un ragazzino può essere più importante riuscire a proteggere il proprio bisogno di avere una relazione semplice, senza competizione e componenti sessuali, aggressive. Una cosa di fiducia, insomma, che è quella che si è sempre definita come l’area dell’amicizia e quindi della sicurezza, della confidenza, della certezza di non essere traditi». Ma a volte la questione si complica: «Poi certo, non possiamo negare che ci sia un’ombra che sovrasta l’adolescenza, una zona oscura della loro vita: i tentativi di suicidio sono più frequenti che in passato, irrompono sulla scena del tutto imprevisti, per via dei pensieri di morte, di violenza e della sfiducia verso la vita, che non può riservare belle sorprese. Il mio consiglio per i genitori è dunque quello di assicurarsi del fatto che non ci siano segreti che turbino la vita di un’adolescente, cose di cui non può parlare perché ha paura che “i grandi” non siano pronti e capaci di fronteggiare quello che nascondono e che li turba».

In crisi l’amico del cuore. La domanda sorge spontanea: parliamo abbastanza con i ragazzi? Li abituiamo abbastanza al dialogo, al confronto sincero, coraggioso e fiducioso?«Perché ci sia dialogo è necessario che si convincano che gli adulti sono veramente interessati, partecipi, che condividono i loro timori, le loro speranze e delusioni per davvero e non con il secondo fine di voler carpire il segreto a scopo di controllo educativo. Se c’è disponibilità al dialogo e al confronto si può andare anche molto in là con la confidenza (di carattere più intimo, persino sessuale), ma prima che i ragazzi arrivino ad aprire la “bustina” del segreto bisogna che si prendano delle precauzioni rispetto a noi», chiosa lo psichiatra. Che invita dunque a mettersi al loro fianco, a non lasciarli soli e a tenere aperto un canale di condivisione e di comunicazione che non li convinca che non ci sia possibilità di ascolto da parte dell’adulto, ma che l’unica possibilità per loro sia l’amico del cuore. Un’istituzione che l’esperto ritiene tra l’altro caduta un pò in crisi: l’amico del cuore era una specie di fidanzato senza sesso, ma con un grande affetto, una grande amicizia. «Adesso non mi sembra più che queste relazioni esclusive abbiano queste caratteristiche. E se ce l’hanno c’è sempre il rischio che debordino e diventino legami quasi amorosi, sessualizzati, che confondono i ragazzi riguardo alla sfera affettiva e amorosa e di conseguenza anche eventualmente sulla loro identità di genere».

 

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Convegno: “Città siCURA in una comunità educante”, 30 novembre 2024, Cremona

 

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Presentazione “Adolescenti Misteriosi”, Casa della Psicologia Milano, 14 novembre 2014

Condivido la registrazione della presentazione del mio libro “Adolescenti misteriosi” edizioni Mimesis, alla Casa della Psicologia a Milano il  14 novembre 2024

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Presentazione di “Adolescenti misteriosi” a Bookcity, 14 novembre 2024, Milano

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Gustavo Pietropolli Charmet ospite di “Cinematografo”, RAI 1, 7 novembre 2024

Stasera sono ospite del programma di Gigi Marzullo Cinematografo in onda su RAI 1 alle ore 1.00. Parlerò di cinema e del mio nuovo libro Adolescenti misteriosi  edito da Mimesi.

Il programma è disponibile da domani su Raiplay

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Speciale adolescenti su Doppiozero

 

La versione integrale dell’articolo è disponibile su Doppiozero

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Intervista a Il Pomeriggio Radio1 | Rai Radio 1, lunedì 4 novembre

Intervista sugli “Adolescenti misteriosi” (edizioni Mimesis) al programma Il pomeriggio su Radio 1 con Massimo Giraldi, Simona Arrigoni e Claudio De Tommasi.

È possibile ascoltare l’intervista su  www.raiplaysound.it (dal minuto al 36′ al minuto 40’05″)

 

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