Presentazione: “L’insostenibile bisogno di ammirazione”, 26 ottobre 2018, Brescia

 

La paura di essere nessuno

Gustavo Pietropolli Charmet, L’insostenibile bisogno di ammirazione, Laterza 2018 (pp. 157, euro 16) 

Non il desiderio di fama, se non di gloria addirittura: cose d’altri tempi. Il bisogno di ammirazione è altro, diverso anche da quello di ottenere riconoscimento e considerazione in forza di quel che si fa. Il bisogno  sul quale qui ci si interroga è quello che spinge a “Cercare con ogni mezzo di essere ammirati, cioè di  divenire socialmente visibili, suscitare grande stima – questo sì, ma – circonfusa da meraviglia e stupore.” Insostenibile, tanto è coattivo, condizionante, perché “Non è solo ambizione, suscettibilità, orgoglio, sentimento del proprio valore; è una vera e propria questione di sopravvivenza identitaria, simbolica, di ruolo sociale”. E’ la risposta alla paura più grande: quella di esser nessuno(o di sentirsi tale, perlomeno).

La figura dell’autore – psichiatra e psicoterapeuta che ha dedicato vari libri alla fragilità e alla spavalderia degli adolescenti di oggi (per richiamare il titolo di uno dei suoi studi) –, ma anche i frequenti riferimenti, sin dalle prime pagine, ai ragazzi, ai giovani, lasciano pensare che a quelli si riferisca essenzialmente il discorso. Sennonché, pagina dopo pagina, cominciano a balenare nella mente del lettore figure di adolescenti che non hanno smesso di esserlo una volta divenuti adulti – persone che si conoscono magari, ma ancor più che si incontrano nei telegiornali della sera e nelle cronache politiche dei giornali. Procedendo nella lettura, tuttavia, in certe descrizioni di atteggiamenti riscontrabili entro la cerchia familiare e in certi comportamenti in pubblico, il lettore è a volte indotto a dubitare che anche di lui si parli. E non si sbaglia, perché nella nostra società – la società del narcisismo (e della competizione, continua e pervasiva) – il bisogno di ammirazione risponde a “una grave carenza di autostima” che non riguarda solo i giovani ma “con il passare degli anni anche un buon numero di adulti.” Che è come dire: non si è vaccinati, neanche da adulti, dall’ansia di esserci e dalla coazione a darne prove continue. Perché “L’esposizione alla vergogna sociale”, la vergogna di non essere all’altezza – fisicamente, caratterialmente, economicamente – è ormai tanto diffusa  da “aver contribuito a rendere permalosa una moltitudine di persone giovani e adulte a fronte di eventi relazionali (…) vissuti come gravi attacchi al proprio sentimento di valore.”

E allora, lo dobbiamo riconoscere: i giovani non sono che i segnalatori – più esposti, più sensibili – a un fenomeno che investe la nostra cultura e il nostro vivere collettivo sull’onda di cambiamenti profondi e poco percepiti. La paura dei castighi e il sentimento di colpa, attorno ai quali fino a pochi decenni fa si organizzava l’esperienza infantile e si forgiava il carattere dell’adulto, sono stati sostituiti – per il tramite di un drastico cambiamento del modello educativo – dalla paura della vergogna e da un bisogno di riconoscimento che si differenzia da quello di una volta per “la quantità e la qualità” che lo connotano, ma “soprattutto (per) i mezzi con i quali si cerca di conquistarl(o) e l’esclusiva devozione a questo obiettivo.”

Al fondo di tutto, ecco la conclusione, una mutazione antropologica avvenuta silenziosamente, come tutte le grandi trasformazioni: “il Sé individuale ha preso ampiamente il sopravvento sulle esigenze e i valori della comunità sociale”. “Un cambiamento non da poco, destinato a ricadere in varie forme sull’organizzazione sociale dei prossimi anni, ma del quale “nessuno si scandalizza”. E’ questo a “fa(r) sì che la crisi etica generalizzata passi sotto silenzio e si ritenga che la crisi economica  sia di gran lunga più importante e concreta mentre è molto verosimile che la crisi economica sia parente stretta della crisi etica”.

La pagine finali aprono qualche speranza, indicando strategie e comportamenti in grado di confrontarsi con la “catastrofe” avvenuta e di contrastare la “crisi radicale” che viviamo. Ma sono anche altre le pagine che fanno di questo un libro utile e tempestivo, pagine capaci di restituire con esattezza la fenomenologia di certe situazioni, come quella delle infinite discussioni in cui spesso le coppie si impantanano, o di certi profili, come quello dei “permalosi e offesi”.

 

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